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Manuel Bortuzzo e il Grande Fratello

Non sono mai stato particolarmente entusiasta dell'iniziativa di Manuel Bortuzzo di partecipare al “Grande Fratello” ma non mi sono mai permesso di criticarla. Inizia cosi la lettera di Daniele Furlan presidente del Melograno Onlus associazione aderente alla Federazione delle Associazioni Italiane delle Persone con lesione al midollo spinale. Poi prosegue: Ognuno ha il diritto di fare le proprie scelte e se ne ha la possibilità anche decidere quali esperienze concedersi, pur se si tratta di partecipare ad uno dei programmi che ritengo più diseducativi di tutto il palinsesto massmediatico italiano.

Purtroppo non potrebbe essere diversamente in un format ove si prevede che l'uomo metta in cattività se stesso di fronte ai suoi simili, in una fiera delle vanità pullulante di “eccessi” della chirurgia estetica. Di certo Manuel non ha sinora avuto un’esistenza "comune" né fortunata, ma probabilmente neppure così intensa da potergli permettere a soli vent’anni di pubblicare prima un libro sulla sua vita e poi farne un film.

Un exploit troppo repentino per riuscire ad evitargli la trappola del reality più famoso, noto anche per essere partecipato da concorrenti le cui carriere “artistiche” e non, sono esaurite o neppure mai esistite e comunque  in fase inesorabilmente discendente. Era entrato nella casa con l’intento di far accendere i riflettori sulla disabilità di fronte al grande pubblico, per dimostrare che con un po’ di buona volontà chiunque può farcela, invece è rimasto escluso dalla competizione prima ancora che questa iniziasse.

Si era illuso che gli altri partecipanti accettassero di sfidarlo e di gareggiare con lui come accadeva con gli avversari in piscina, invece si è trovato nella posizione di “vincitore a tavolino” già designato e di conseguenza costretto a rimanere spettatore inerme della grottesca sarabanda che gli girava attorno senza mai coinvolgerlo pienamente.

Ancora una volta lo show business ha perso l’occasione per dimostrare di essere maturo per trattare grandi temi come quello della disabilità e dell’inclusione sociale, anzi stavolta se possibile ha fatto ancor di peggio, poiché trovandosi a diretto contatto con essi, ha scelto di eluderli evitandone il confronto con un moto non richiesto di buonismo peloso. È giusta perciò la decisione presa da Manuel di abbandonare il concorso e rifiutare una vittoria che gli sarebbe stata assegnata senza aver gareggiato poiché non è quello il palcoscenico giusto per cercare di abbattere delle barriere culturali che purtroppo sono ben più resistenti a cadere di quelle architettoniche. 

È auspicabile che Manuel una volta uscito dalla casa, dopo aver ritrovato e riabbracciato la sua famiglia, sappia ritrovare soprattutto se stesso e la sua dimensione interiore, anche se lontano da quelle effimere luci della ribalta che spesso possono diventare una dipendenza. La notorietà da sola non è una qualità e l'unità di misura della resilienza non è lo share, ma la capacità di realizzare il proprio progetto di vita attraverso un’arte, uno sport, una professione o tutti e tre; il destino ha reso Manuel “uomo” anzitempo a dispetto della sua età e in periodi difficili come quelli che stiamo vivendo sarà una risorsa preziosa poiché c’è un assoluto bisogno di giovani uomini in grado di guidarci verso la riconquista di una normalità perduta.

Articolo di Daniele Furlan