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Ricerca Italiana

 

“NO ALLA RICERCA CHE ILLUDE, SI A QUELLA CHE MIGLIORA LA QUALITA’ DELLA VITA DELLE PERSONE CON LESIONE AL MIDOLLO SPINALE”.

La FAIP condanna quella ricerca che millanta risultati eccezionali – e purtroppo è una brutta realtà italiana - e che alimenta l’illusione che avvenga il “miracolo” di essere rimessi in piedi senza alcun fondamento scientifico. La federazione sostiene invece la ricerca seria e validata, quella che, sulla base di evidenze scientifiche certe, punta al miglioramento concreto della qualità della vita per le  85.000 persone che vivono con gli esiti di lesione al midollo spinale. La posizione della federazione è molto chiara anche sull’argomento cellule staminali: la FAIP ribadisce il suo incoraggiamento per la ricerca di base sulle cellule staminali che rappresentano una nuova frontiera per lo studio della rigenerazione del midollo spinale. Al contempo, però, la FAIP intende informare correttamente i cittadini, sgombrando il campo dalle false speranze. Gli studi di base sulle staminali vanno tenuti distinti dalla loro applicazione clinica. Su questo fronte, un dato emerge con chiarezza : ad oggi, a fronte di rischi gravi, non ci sono prove scientifiche che i trapianti di cellule staminali effettuati  abbiano contribuito a migliorare le condizioni e la qualità della vita dei pazienti curati. Da questo punto di vista, va evidenziata la necessità di collocare la ricerca, con tutti i suoi processi e sviluppi, all’interno di protocolli definiti, garantendo i diritti alla salute delle persone che vi si rivolgono. La ricerca seria e validata, infine, deve invece essere orientata a migliorare in maniera sostanziale la qualità della vita della persona con lesione al midollo spinale e della condizione delle loro famiglie e deve evitare la sconveniente fuga in avanti di molti “attori del sistema” che danno  eccessiva importanza alla ricerca fine a se stessa.

 

I COSTI DELLA LESIONE MIDOLLARE: LA CRISI CHE COLPISCE I PIU’ DEBOLI

Sebbene sia stato fatto qualche passo avanti con la annunciata istituzione dei registri nazionali, in Italia ancora si sconta l’assenza di dati epidemiologici significativi sulla lesione midollare. Mancano insomma le informazioni necessarie per una valutazione dei bisogni assistenziali, fondamentali per pianificare interventi di politica socio-sanitarie. Secondo uno studio effettuato di recente, fra le persone che hanno subito una lesione, si riscontra un  aumento dei casi di perdita del lavoro, meno autonomia, crescita  dell’insoddisfazione. Oggi, il 19% delle persone perde il lavoro in seguito all’evento traumatico, mentre nel 2000 questa percentuale era pari al 5,4%, con un aumento del 13,6% in meno di un decennio. Ma la gestione della lesione midollare comporta dei costi che incidono pesantemente sull’equilibrio economico e sociale del 73% delle famiglie coinvolte (DATI ISTUD): farmaci, assistenza sanitaria e tante altre spese cosiddette accessorie non sono rimborsate dal servizio sanitario ma sono a totale carico della famiglia. Sempre secondo uno studio ISTUD, la media dei costi diretti a carico del nucleo familiare di una persona con lesione midollare si aggira intorno ai 26.900 euro per il primo anno dalla lesione, cifra che prende in considerazione i costi sostenuti per le modifiche dell’abitazione, le spese sanitarie e le visite specialistiche non rimborsate, l’assistenza e i viaggi verso la struttura di ricovero. Questa stima scende intorno a 14.700 euro negli anni successivi.

Senza considerare che molte famiglie sono costrette ad assumere una badante, ad un costo medio di 830 euro mensili.

Sono 9 nuovi casi al giorno: è questo il ritmo a cui viaggia la lesione al midollo spinale in Italia. Una marcia veloce, a cui non corrisponde una adeguata risposta della sanità nazionale. Sono soltanto 350 i posti letto disponibili in centri specializzati (Unità spinali Unipolari) in tutta Italia, e quasi tutti concentrati al Nord. Pochissimi al sud. La scarsità di centri specializzati in lesione al midollo spinale provoca esiti disastrosi: secondo uno studio condotto dall’ISTUD , soltanto 3 persone su 10 con lesione vengono ricoverate presso un centro specializzato in lesioni midollari nelle 24h successive al trauma e fra queste, la metà sono residenti al Nord. Per tutti gli altri, c’è il calvario delle liste di attesa: possono durare anche più di un anno. Un fattore, questo, che ha profonde ripercussioni, a breve e a lungo termine. Nel breve periodo, la persona che ha subito la lesione rischia la morte. Nel lungo periodo, il rischio è di complicazioni secondarie e terziarie e ciò, oltre a rappresentare un fatto molto grave sul piano etico, rappresenta anche un costo sociale rilevante, dal momento che le complicazioni incidono sul recupero dell’autonomia della persona con lesione, con ovvie ricadute economiche sul sistema sanitario nazionale. La mancanza di un numero decente di strutture specializzate come le USU determina anche l’impossibilità di far partire subito dopo la fase acuta il progetto individuale di recupero previsto dalla legge, che dovrebbe poi essere condotto dalle strutture socio-sanitarie del territorio, ma che purtroppo sono scarse e inadeguate, specialmente al Sud Italia.